Brand equity: cosa dà valore ad un marchio?

Una camicia di lino è solo una camicia di lino? No, se su di essa è cucito un cavallino rampante! Con il termine brand equity, in italiano patrimonio di marca, ci si riferisce proprio al valore percepito che un prodotto ha rispetto a prodotti simili sul mercato.

La differenza nel valore percepito del brand viene fatta da un insieme di parametri, come la notorietà della marca, il mercato di riferimento e gli sponsor usati.

Ma come si determina la propria brand equity e perchè è così importante? Analizziamolo insieme!

Su cosa di basa la Brand Equity: elementi del valore della marca

Benché raggiungere una brand equity positiva sia l’obiettivo di molte strategie di marketing, misurarne il valore effettivo non è così semplice.

Gli elementi che compongono il valore della marca. Come costruire la propria brand equity smarTalks
Fonte: Papirfly

L’economista David Aaker è stato il primo a creare un modello con tutti gli elementi tangibili legati al Brand equity di un’azienda:

  1. Percezione del consumatore: la conoscenza e l’esperienza che un consumatore ha nei riguardati di un marchio e dei suoi prodotti. Questi hanno effetti positivi o negativi sul valore materiale o immateriale del Brand e risentono della Brand Equity. Infatti, se quest’ultimo è positivo, l’azienda, i prodotti ed i relativi indicatori finanziari risulteranno migliori agli occhi del consumatore. Se è negativo, invece, accadrà il contrario.
  2. Notorietà del marchio: quanta familiarità hanno i consumatori con il marchio.
  3. Fedeltà al marchio: il grado in cui i consumatori scelgono costantemente un marchio specifico rispetto agli altri.
  4. Qualità del marchio: la percezione che i consumatori hanno di un marchio in termini di qualità, affidabilità e unicità.
  5. Associazioni mentali con il marchio: associazioni emotive o psicologiche che i consumatori hanno con un marchio, come sentimenti di fiducia o nostalgia.

Il modello Aaker è soltanto l’apripista dello studio di tali criteri. Successivamente venne sviluppato un altro modello molto utile: il modello CBBE (Customer Based Brand Equity), proposto per la prima volta da Kevin Lane Keller.

Keller propone uno schema piramidale che definisce le diverse fasi per raggiungere una brand equity positiva:

Piramide di Keller
Fonte: www.fabiopellencin.it
  • Rilevanza: l’ultimo gradino della piramide che include l’identità del brand e le caratteristiche che lo rendono riconoscibile ai consumatori.
  • Prestazioni e immagine: come il prodotto e il brand si presentano ad un consumatore, quali emozioni e sensazioni provocano. 
  • Giudizio e sentimento: la reazione che i consumatori hanno quando interagiscono con i prodotti o i servizi del brand. Questo step è collegato alla percezione del brand e alla credibilità e qualità che questo riesce a trasmettere.
  • Risonanza: il vertice della nostra piramide che indica quanto una brand sia riuscito creare un legame di fiducia che duri nel tempo con i propri clienti.

Queste quattro fasi della Customer Based Brand Equity aiutano i marketer a capire cosa stanno cercando i clienti prima ancora che questi entrino in contatto con il brand, rendendo così più semplice identificare in loro una necessità non ancora manifestata.

Come migliorare la brand equity: strategia e passi concreti

La brand equity nasce dalla combinazione di due fattori:

  • la coscienza del prodotto/brand e delle sue caratteristiche da parte del consumatore
  • la percezione che il consumatore ha, a seconda delle immagini e sensazioni positive provate verso tutto ciò che il marchio rappresenta. 

Una buona strategia per l’aumento della brand equity deve quindi seguire la piramide di Keller ed iniziare dalla costruzione di consapevolezza del brand: i clienti devono essere in grado di distinguere il prodotto o il servizio offerto rispetto a quelli della competizione. 

Ad esempio, McDonald’s riesce a sfruttare il suo iconico colore giallo e la forma caratteristica dei suoi archi nelle più svariate campagne di marketing, assicurandosi riconoscibilità immediata!

McDonald's e la brand equity basata su archi, colore ed emozioni
Fonte: www.fabiopellencin.it

Definiti gli elementi distintivi del nostro Brand, si passa ad analizzare quanto il prodotto riesca ad incontrare le necessità effettive del cliente considerando anche aspetti più sociali e psicologici. Ad esempio, un brand che è particolarmente sensibile alle tematiche ambientali tenderà ad attrarre consumatori e dipendenti che abbiano a cuore queste stesse tematiche.

Sapendo che la percezione dei consumatori si basa sui propri giudizi e sentimenti, il brand può scegliere quali tipi di emozioni vuole suscitare attraverso una scelta attenta dei colori, dei suoni, degli odori e delle texture dei propri prodotti e negozi. L’obiettivo più importante e difficile da raggiungere in questa fase è creare risonanza, cioè studiare i vari elementi in modo che ovunque essi siano collocati trasmettano al cliente sempre la stessa emozioni, facendo sviluppare al consumatore un senso di affetto verso il brand.

Ciò dipende anche dalla ripetitività dell’acquisto e allo sviluppo di un senso di comunità con gli altri consumatori. Per incrementare questo tipo di relazione si può ricorrere a diversi strumenti: l’invito in chat online, eventi o marketing sui social media

Qualsiasi tipo di comunicazione che permetta un dialogo ed una relazione alla pari attraverso un linguaggio più simile a quello del proprio target di riferimento.

Adesso che abbiamo visto quali azioni e strumenti includere in una strategia di brand equity, identifichiamo quali KPI sono utili per misurarne l’efficacia.

Come si misura la band equity

La difficoltà della band equity è il suo essere formata da due fattori, uno tangibile e l’altro intangibile. Quello tangibile risulta evidente dalle analisi di bilancio, soprattutto dai margini di profitto e dalle quote di mercato. Quello intangibile, invece, è più difficile da analizzare e comprende la conoscenza del brand e una buona predisposizione verso di esso.

Per la misurazione di quest’ultimo è possibile utilizzare diversi metodi in base ai dati a disposizione e alla loro qualità.

Il Net promoter score: la brand equity dipende dal passaparola

Il metodo più comunemente utilizzato è quello del Net Promoter Score che, seppur necessitando di una contestualizzazione, è in grado di fornire una base per poter iniziare un’analisi dei dati e del proprio stato sul mercato rispetto ai competitors. 

Questo metodo misura la probabilità che le persone consiglino il prodotto o il brand ai loro conoscenti e familiari. Se un brand possiede una brand equity positiva, sarà associato ad emozioni e caratteristiche positive nei consumatori che ne saranno quindi soddisfatti. Un consumatore soddisfatto tende a diventare autonomamente porta voce del brand con i propri amici e familiari, diventando ambassador del brand. Se un brand gode di tanti ambassador, ha una grande brand equity. 

Nella quotidianità, tutti noi siamo ambassador di qualche Brand ed il contesto dove ciò è più evidente sono i supermercati!

Dati sull’importanza della Brand Equity nel Food. Fonte: Promotion magazine

Misurare la Brand equity chiedendo ai consumatori: i sondaggi

Un altro modo per analizzare la percezione del brand è semplicemente chiedere ai suoi consumatori cosa ne pensano. Con dei sondaggi volti a raccogliere le parole e le emozioni che i clienti associano al brand, permette di capire in modo immediato e naturale lo stato della brand equity dell’azienda. Questo tipo di domande non influenza indirettamente la risposta ma aiuta a capire se il messaggio che il brand vuole comunicare sia effettivamente arrivato a destinazione. 

Digital lissening per misurare la brand equity

Nell’era dei digital, l’analisi della brand equity gode di maggiori risorse: tutto ciò che viene condiviso o cercato dal proprio target può offrire un’ottima prima analisi della posizione di un brand nella mente dei consumatori.

Elementi utili per analizzare il sentiment degli utenti verso il brand sono:

  • le menzioni di diversi brand sui social aiutano a capire quale viene utilizzato dal target,
  • l’analisi dei dati analitici del web, come le parole chiave associate al brand che permettono di avere uno sguardo interno fondamentale.

Tuttavia non sempre il digitale ci restituisce la complessità del quadro reale. Infatti, tornando alle menzioni sui social ad esempio, RadiumOne riporta che ben l’84% delle condivisioni spontanee viene fatto su piattaforme private come WhatsApp, Telegram e Messanger, che non possono venire analizzate. 

Gli esempi di Brand Equity: i brand migliori

Al sesto posto tra le aziende più ammirate al mondo, stando alla classifica Fortune 2020, c’è Starbucks: non per il caffè, ma per il suo impegno nella responsabilità sociale.

Con margini di profitto tra il 25-30%, Coca-Cola è spesso considerato il marchio di soda più prezioso al mondo. L’azienda, infatti, rappresenta più di un semplice prodotto: è simbolo di esperienze positive, una storia avvincente che parte dagli Stati Uniti ed ha coinvolto i consumatori in tutto il mondo.

Pochi slogan aziendali sono iconici come il “Just Do It” di Nike. Un breve slogan a sostegno di un semplice logo che Nike ha utilizzato con grande successo per generazioni. Stimolando una risposta emotiva ed essendo memorabile nella sua semplicità, Nike ha sviluppato una connessione psicologica con i propri clienti. Il claim “Just Do It” è più di uno slogan: è uno stile di vita. In queste tre parole, Nike ha creato uno slogan in grado di ispirare motivando i clienti a realizzare i loro sogni più ambiziosi e a non smettere mai di tentare. 

Cosa da valore al marchio Nike? L'importanza della connessione psicologica del Just do it per la Brand equity di Nike - smarTalks
Fonte: www.washingtonpost.com

Google: una brand equity senza font e parole ma basata sui valori e principi. Promuovere ciò in cui il marchio crede è stato fondamentale per acquisire un enorme seguito dei consumatori e per attirare dipendenti con grandi competenze. L’azienda ha creato con successo una cultura basata sulla passione e sull’onestà sul posto di lavoro per avere un impatto positivo sul mondo. 

Queste qualità hanno dato a Google un personale che eccelle nella creazione di prodotti di qualità. Non c’è dubbio che Google riesca a garantire la qualità ai propri consumatori, cosa che di nota anche dalla velocità con cui gli utenti iniziano ad utilizzare i prodotti proposti. 

Eppure c’è un gigante tranquillo che pochi considerano ancora in gara ma che ha superato Google come Brand Equity nel 2020!

La consapevolezza di Microsoft e, sorprendentemente, l’immagine che riesce a trasmettere sono eccellenti. Negli ultimi anni, i giovani hanno cambiato la loro percezione di Microsoft: dall’essere un’imposizione a diventare simbolo di innovazione. Grazie ai nuovi prodotti, la strategia di marketing e le soluzioni aziendali, Microsoft ha iniziato ad acquistare sempre più rilevanza anche per loro.

Un esempio di Brand Equity che non ha avuto bisogno di ri-nascere, ma di innovarsi!

Spesso ciò che dà valore ad un prodotto, è soltanto nei nostri occhi… o meglio, nei nostri cuori. Il segreto della Brand Equity e riuscire a creare un legame emotivo con i consumatori, per farci affezionare ad una marca senza nemmeno capire perché. Tu a quali brand senti di essere legato? Contiamo di essere tra quelli anche noi!

Condividi:

La nostra newsletter

Unisciti alle migliaia di persone che leggono For Marketing Lovers: la newsletter che ti racconta il marketing in modo semplice, accessibile e smarT. Al suo interno puoi trovare news, approfondimenti, strategie e casi studio interessanti!

Articoli correlati

Hai trovato le risposte che cercavi?

Se la risposta è "sì" non ti resta altro da fare che conoscerci per capire se facciamo al caso tuo!