Parlando di tone of voice si fa letteralmente riferimento al “tono di voce” che si intende dare alla comunicazione, con l’obiettivo di creare coerenza e unità con la brand identity. Oggi i marchi devono modellare per sé stessi una specifica identità, quasi come fossero persone, e il tono di voce contribuisce al raggiungimento di tale scopo, definendo carattere e personalità del brand o prodotto.
Brand voice e tone of voice sono la stessa cosa?
Assolutamente no. Infatti, la brand voice si caratterizza per essere statica, costante e coerente con quella che effettivamente è la personalità del marchio a cui fa riferimento; al contrario il tone of voice, nonostante anch’esso rispecchi in parte l’identità del brand, varia in base al prodotto, poiché richiede di essere adattato alle diverse circostanze e caratteristiche tipiche del servizio o merce offerta. Esso considera dunque il contesto, il canale di trasmissione del messaggio, il pubblico a cui è rivolta la comunicazione.
Il tone of voice è una delle armi fondamentali per qualsiasi copywriter, che modula su di esso il contenuto dei suoi testi. All’interno della copy strategy ricopre una funzione di primaria importanza, assieme alla scelta del beneficio atteso dal prodotto pubblicizzato, alla reason why e all’insight finale.
Le tipologie di tone of voice
Le possibilità dei toni da impiegare per scrivere un copy creano una palette veramente variegata, tuttavia può risultare più comprensibile e utile aggregarli in categorie nette, così da avere una mappa chiara delle opzioni tra cui scegliere.
In “Testi che parlano”, Valentina Falcinelli ha ideato una strategia chiara e di immediata comprensione, che distribuisce le diverse tipologie di tone of voice lungo l’asse di un termometro.


Proprio come la temperatura corporea, un tone of voice può essere freddo, neutro, caldo, e perché no, colorato. A loro volta, queste macro categorie sono ulteriormente suddivisibili in classi, così da arrivare a ben otto possibili tipologie: burocratico, istituzionale, professionale, onirico, amichevole, colloquiale, ironico e aggressivo.
Anche le birre hanno un cuore
Per rendere tutto più comprensibile è utile fornire degli esempi: il settore beverage, precisamente quello della birra, si presta molto bene allo scopo. In questo modo risulterà chiaro e immediato capire come il copy si accende mano a mano che ci si sposta verso la destra del termometro del tone of voice.
Non tutte le birre sono uguali, e non solo nel gusto. I diversi brand scelgono infatti di attribuire connotazioni specifiche, quasi “caratteriali” al proprio prodotto.


Da qui nascono storie differenti, personali, che rendono unica la bevanda, aggiungendo un tocco di sapore in più.
Per comprendere la diversità del linguaggio utilizzato da ciascun brand che produce birra è sufficiente collegarsi alla pagina iniziale del loro sito web, nel momento in cui viene chiesto al cliente di inserire la propria data di nascita per verificarne la maggiore età.
Leffe e Poretti, eleganza e professionalità
Queste due birre vogliono comunicare al cliente un senso di esclusività e di unicità. Entrambi i brand, nelle strategie, tendono a utilizzare un linguaggio pulito e lineare, manifestando un senso di distacco e freddezza. I due marchi puntano sulla qualità del prodotto offerto più che sulla creazione di un rapporto empatico con il cliente.


Le descrizioni tendono a essere prolisse, per elencare le innumerevoli qualità della bevanda. I periodi sono connotati da un accento poetico, quasi evanescente, che introduce la birra in una dimensione onirica ed esclusiva.


Corona e Peroni, birre amichevoli e colloquiali
In questo caso, la scelta dei brand è quella di utilizzare un tone of voice rilassato e amichevole, al fine di coinvolgere e creare un legame con i propri consumatori.


Il linguaggio non è aggressivo, ma si percepisce un certo calore e un’atmosfera leggera quando si leggono le descrizioni. Si nota spesso l’utilizzo della seconda persona singolare, che ha l’obiettivo di dimostrare all’interlocutore che il messaggio è rivolto direttamente a lui, così da creare una sorta di dialogo.


Ceres e Heineken, ironia e aggressività
Quando si pensa a questi due brand scappa una risata. Con il loro tono aggressivo e sfacciatamente ironico, Ceres e Heineken sono in grado di trasmettere un senso di forza e dinamicità, che viene immediatamente percepito dal cliente.


La battuta di spirito è sempre dietro l’angolo, e non sono mancati casi in cui le dure birre hanno sfruttato alcuni trend topic del momento per realizzare pungenti campagne di instant marketing, come è stato per Ceres che ha dato vita a una pubblicità che faceva leva sulla famosa frase pronunciata dal politico Matteo Salvini diventata ormai un meme:
“Ah, no? Non posso?”
L’irriverenza è la costante di questi brand. Gli esempi sarebbero davvero numerosi, tuttavia appare chiaro quanto il tone of voice influisca sulla costituzione della brand identity e sul tipo di interazione che il consumatore ha con esso e i suoi prodotti.