Ogni tipologia di azienda ha dei rischi insiti nella propria attività. Per questo, è sempre più strategico prevedere quale tipo di crisi ci si deve aspettare o quando potrebbe manifestarsi. Nello specifico, la crisis communication si occupa di proteggere la reputazione di un’organizzazione da eventi imprevedibili ad alto rischio.
Cos’è una crisi?
“La crisi è un evento straordinario, il cui accadimento e la cui visibilità all’esterno minacciano di produrre effetti negativi sulla reputazione dell’organizzazione, sui suoi beni e servizi, sui dipendenti e sui risultati economici”. Emanuele Invernizzi


Esistono tre principali tipologie di crisi che un’organizzazione può trovarsi ad affrontare:
- Victim crisis: l’azienda è vittima di comportamenti scorretti messi in atto da altri soggetti, non è quindi la diretta responsabile della crisi. Un esempio possono essere i disastri naturali o la manomissione del prodotto da parte di terzi;
- Accidental crisis: causata dal malfunzionamento del processo produttivo o di un macchinario, l’azienda è limitatamente responsabile;
- Intentional crisis: l’azienda è la diretta responsabile del danno, sono le crisi più gravi, a volte in grado di minacciare l’esistenza stessa dell’impresa;
Gli eventi critici attraggono l’attenzione dell’opinione pubblica, tutti rimangono in attesa di vedere quali sono stati i danni e quale sarà la reazione dell’azienda, dunque ciò significa che le organizzazioni non vengono giudicate tanto per la crisi che stanno subendo, quanto per la loro capacità di reagire e per il reale impegno che dimostrano nei confronti degli stakeholder.
Il rischio più grande: la reputazione
Nel breve termine ci sono gli effetti più visibili della crisi come il calo del valore delle azioni in borsa e la riduzione dei prodotti venduti, ma è nel lungo termine che si gioca il reale rischio, quello reputazionale. Le crisi, soprattutto se non gestite adeguatamente, hanno la capacità di minare la credibilità di un’azienda, facendole perdere competitività sul mercato.


Il sistema mediatico ha una grande rilevanza. Secondo la teoria dell’agenda-setting i mass-media hanno la capacità di influenzare le opinioni dell’audience in base alla scelta delle notizie che ritengono più rilevanti. Le modalità di selezione e rappresentazione delle notizie può quindi influire significativamente su come esse verranno percepite dal pubblico.
Nel campo del crisis management, Internet può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Un’azienda tramite i social può comunicare velocemente e su vasta scala con il proprio pubblico, in modo da rassicurarlo e informarlo sui provvedimenti presi. Dall’altra parte della medaglia nel mondo online chiunque ha la possibilità di esprimersi e può succedere che vengano creati siti e pagine allo scopo di danneggiare l’azienda o portare alla ribalta informazioni che rappresentano solo una parziale verità.


L’organizzazione necessita di proteggersi anche dalle fake news, talvolta molto ben costruite. In questo caso è fondamentale che l’azienda si ponga come unica fonte autorevole di informazione e che comunichi costantemente con il proprio pubblico.
Il crisis management
Sempre più organizzazioni oggi adottano dei processi di crisis management allo scopo di anticipare, gestire le crisi e minimizzare il danno per l’azienda.
Una delle più importanti è la previsione, consiste nel monitoraggio dei rischi interni ed esterni dell’organizzazione. Lo scopo è quello di anticipare i potenziali problemi in grado di danneggiare l’azienda. In questa fase si cercano di prevedere tutti i possibili scenari da cui la crisi può emergere. Successivamente, durante la programmazione, vengono creati dei piani di intervento aventi lo scopo di contenere gli eventuali danni. Questi piani cercano di offrire le linee di azione da intraprendere in base alla tipologia e alla gravità del problema.


La comunicazione entra in gioco per gestire le informazioni che riguardano la crisi e il marchio che ne è coinvolto, allo scopo di proteggere la reputazione aziendale. Chi opera in questa fase ha la responsabilità di gestire i dialoghi con i media, i clienti e gli altri stakeholder coinvolti. L’ultima fase è la gestione del dopo crisi, il momento in cui si tirano le somme, si analizzano le cause che hanno generato il problema e si valuta come è stato affrontato.
I punti cardine della comunicazione di crisi
La comunicazione di crisi si occupa di gestire i flussi di informazione interni ed esterni all’organizzazione. E’ importante che l’impresa sia costantemente consapevole dei messaggi che la riguardano, per evitare il propagarsi di allarmismi e false informazioni sul marchio. Comunicare durante una crisi non è un’opzione, ma l’unica alternativa possibile per gestirla e subirla.
Quali sono le caratteristiche della comunicazione di crisi?
- Tempestiva: bisogna gestire il problema subito e non aspettare che le conseguenze si aggravino;
- Esaustiva: l’informazione deve essere semplice, chiara, incisiva e completa. Non deve essere lasciato spazio ai fraintendimenti;
- Aggiornata: deve seguire l’evolversi della situazione;
- Centralizzata: l’organizzazione deve parlare attraverso un unico portavoce capace di trasmettere un messaggio coerente ed esaustivo;
- Trasparente: oggi onestà è la parola chiave, le persone si fidano di chi mostra loro rispetto e correttezza, anche durante una situazione critica;
Tre esempi di buona crisis communication
A volte le aziende in situazioni di crisi comunicano male o non comunicano affatto, peggiorando ulteriormente in questo modo la propria situazione. Di esempi di buona comunicazione di crisi tuttavia ce ne sono, come ad esempio i tre di seguito che mostrano come trasformare una situazione negativa in una svolta positiva.
Pepsi
Il grande marchio di bevande analcoliche, Pepsi, nella sua storia è già sopravvissuto a diverse crisi e anche se non sempre è riuscito ad affrontarle nel migliore dei modi, nel 1993 riuscì a trasformare una situazione apparentemente disastrosa in un enorme guadagno per la propria immagine.
Tutto iniziò quando diverse persone dichiararono di aver trovato oggetti pericolosi, come ad esempio aghi, nelle proprie lattine.
Pepsi reagì prontamente alla notizia pubblicando dei video che mostravano il processo di produzione e in questo modo il pubblico comprese che era tecnicamente impossibile collocare degli oggetti nelle lattine. Inoltre, l’azienda pubblicò un video ripreso dalle telecamere di sorveglianza di un supermercato dove si poteva vedere una donna che inseriva una siringa nella lattina, dimostrando così che si trattasse di un evento fuori dalla sua responsabilità.
L’azienda gestì bene la crisi sotto diversi aspetti: in primo luogo mantenne la calma e successivamente, dopo una prima fase di chiarificazione interna sulla responsabilità dell’azienda, venne fatta maggiore chiarezza all’esterno con una comunicazione che dimostrava interesse e vicinanza nei confronti dei consumatori.
La chiave di tutto? La trasparenza: mostrare il processo di produzione permise di evitare il diffondersi di notizie false che avrebbero potuto affossare l’azienda.
Starbucks
Starbucks ha dovuto prendere atto di episodi di razzismo avvenuti tra i propri dipendenti a seguito di un incidente che divenne noto a causa della condivisione di un video su Internet.
I dipendenti di una catena del Gruppo avevano chiamato la polizia perchè due clienti dalla pelle scura non avevano ancora ordinato nulla dopo molto tempo. Motivo? Stavano semplicemente aspettando un amico.
Il pubblico reagì alla notizia concordando sul fatto che questo non sarebbe mai successo a un cliente con la pelle bianca.
Starbucks allora rispose con una campagna contro il razzismo e, invece che accollare la colpa del fatto ai dipendenti del negozio, si concentrò sul problema interno.
L’azienda chiuse per un giorno tutte le filiali e durante tale giorno effettuò un training contro i pregiudizi razzisti.
Inutile dire che questo passo ebbe risonanza internazionale e ripulì completamente la brand reputation di Starbucks.
Snapchat
Anche Snapchat negli anni ha dovuto affrontare diverse crisi, tra cui spicca quella del 2014 in cui dei pirati informatici si impossessarono delle e-mail private del CEO, le quali contenevano dati aziendali sensibili.
Come reagì il CEO in tutto ciò? Inviando una lettera molto personale ai propri dipendenti, che venne poi anche pubblicata via Twitter, nella quale mostrò il proprio lato umano cercando di stabilire un contatto sia con essi che con gli utenti della piattaforma.
Questa forma di comunicazione di crisi estremamente sincera e umana non soltanto aiutò l’azienda a superare la situazione difficile, ma aiutò persino il CEO stesso a migliorare la propria immagine, poiché fino a quel momento aveva avuto una risonanza mediatica piuttosto negativa.