Greenwashing: il finto ambientalismo di facciata

Ultimamente hai letto ovunque etichette che citano la sostenibilità, il bio, il green, il riciclo, ma sei sicuro che tutte le aziende rispettino queste promesse e non si tratti solo di una trovata di comunicazione?
Ecco cos’è il Greenwashing e come riconoscere questa pratica tristemente diffusa.

Contenitori Eco-Greenwashing
Fonte: Unsplash.com

Il termine Greenwashing

Questo termine è un neologismo inglese, traducibile con ‘ecologismo di facciata’ o ‘ambientalismo di facciata’ e indica una strategia di comunicazione finalizzata a creare un’immagine di sé ingannevole e positiva sotto il profilo ambientalista.

Questa strategia di comunicazione non è coadiuvata dal reale impegno aziendale per rispettare le promesse al consumatore e, molte volte, è utilizzata per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli effetti delle proprie attività che sono negativi per l’ambiente.

Il termine viene instaurato negli anni ’70 e prende ispirazione da Whitewash, che significa ‘imbiancare’ e in un significato più ampio ‘nascondere’.

Nel 1986 viene usato Greenwashing per la prima volta da Jay Westerveld per smascherare i messaggi ambientalisti delle catene alberghiere che invitavano i clienti a non sostituire gli asciugamani se non fosse stato necessario, perché i continui lavaggi avrebbero comportato un grosso impatto ambientale.

Era realmente questa la ragione che stava loro a cuore? No. Si trattava di meri interessi economici. Jay Westerveld lo sapeva bene e fece aprire gli occhi su questa questione anche all’opinione pubblica.

Il Greenwashing nel contesto italiano ed europeo

Il Greenwashing è stato definito in maniera ancora più chiara come:

«Una forma di appropriazione indebita di virtù e di qualità ecosensibili per conquistare il favore dei consumatori o, peggio, per far dimenticare la propria cattiva reputazione di azienda le cui attività compromettono l’ambiente» (Valentina Furlanetto, L’industria della carità)

In Italia, fino al 2014 circa, non esistevano leggi contro il Greenwashing, ma solamente contro la pubblicità ingannevole.

Ora, si prendono tutti gli accorgimenti del caso per combattere questa pratica che, oltre a essere ingannevole, è estremamente pericolosa dato il momento storico che incoraggia lo sviluppo di una reale economia sostenibile.

Il rispetto per l’ambiente è una necessità, non può essere un mero strumento di marketing. Di ciò si occupa l’Autorità Garante della Concorrenza di Mercato che impedisce il diffondersi di messaggi ingannevoli per il consumatore.

La Commissione Europea ha effettuato varie indagini su persone appartenenti agli stati membri, notando molta confusione sulle tematiche ambientali, motivo che rende i consumatori ancora molto scettici, sebbene desiderosi di comprare prodotti eco-compatibili.

Inoltre, la Commissione ha valutato l’ipotesi di tutelare il consumatore con leggi e normative che impediscano alle aziende di attuare pratiche di Greenwashing.

Fast fashion-Greenwashing
Fast Fashion. Fonte: unsplash.com

Demolire la fiducia del consumatore

Attuare una produzione sostenibile è molto difficile nonché oneroso per le aziende, molto più facile è solamente comunicarlo. Questa pratica, però, è dannosa per una miriade di motivazioni, tra cui:

  • Non impegno reale delle aziende e conseguente aumento dell’impatto ambientale delle loro produzioni o attività;
  • Informazioni errate al cliente che si fida di ciò che viene detto ma non sa realmente cosa sta acquistando;
  • Perdita di fiducia da parte del consumatore una volta che il Greenwashing viene smascherato.

Con il tentativo di ingraziarsi l’opinione pubblica, il vero risultato può essere un effetto boomerang dannosissimo per l’immagine aziendale e la conseguente perdita di fiducia da parte dei consumatori, che metteranno in discussione tutte le comunicazioni successive allo scandalo.

Lo scopo dei brand, infatti, dovrebbe essere quello di dare un’immagine positiva di sé utilizzando una comunicazione trasparente ed eliminando il più possibile il gap tra quanto viene detto e la situazione reale.

Etichetta sostenibilità-greenwashing
Fonte: unsplash.com

Come smascherare il falso ambientalismo

Ti sei mai trovato a fare shopping online e vedere prodotti etichettati come “sostenibili”, “derivati da materiali di riciclo” o simili? Hai mai guardato le sezioni dedicate alla responsabilità sociale del marchio?

Non fermarti a questi due fattori per essere sicuro di una comunicazione efficace. Quando ti trovi sul prodotto stesso e stai leggendo le sue caratteristiche, composizioni dei tessuti o simili, perdi qualche minuto in più a controllare i materiali utilizzati.

Ogni volta che ti trovi davanti a un prodotto che si dichiara green, sostenibile o quant’altro, chiediti “com’è possibile che costi così poco?”. Questo è il primo segnale da valutare per capire che probabilmente ti trovi davanti a un episodio di Greenwashing.

zara-greenwashing
Fonte: unsplash.com

Inoltre, puoi utilizzare i motori di ricerca per raccogliere informazioni sull’azienda e sui suoi sistemi di produzione, cercando le certificazioni rilasciate dagli enti competenti, normalmente condivisi con loghi ed esplicati con normative facilmente consultabili online.

Alcuni ambiti in cui è facile intuire delle azioni di Greenwashing sono, solo per citare due esempi comuni:

  • Fast food: lampante è il caso di McDonald’s, che dichiara di voler utilizzare il 100% di packaging sostenibili entro il 2025 e sostituisce in UK le cannucce di plastica con quelle in cartone, salvo rendersi conto solo dopo che, a causa delle dimensioni, non sarebbero comunque state riciclabili. Possibile che un colosso simile non avesse calcolato prima questa problematica?
  • Fast fashion: svariati esempi di capi Zara vengono etichettati come sostenibili ma, in realtà, sull’etichetta che riporta la composizione, sono presenti molti materiali diversi, tali da non poter essere considerati dei prodotti effettivamente sostenibili. Esempio positivo nel settore fashion, è invece quello del marchio Levi’s.

Purtroppo le aziende che fanno uso di questa pratica sono molte, ma i consumatori stanno diventando sempre più consapevoli e gli enti competenti monitorano costantemente la situazione. Speriamo il Greenwashing venga abbandonato per fare posto al Green, rispettando così il consumatore e l’ambiente.

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