Tra le tipologie più conosciute di unconventional marketing, il Guerilla marketing deve il suo nome al gergo militare; infatti la guerriglia è un’azione rapida e imprevedibile che coglie di sorpresa.
Cos’è il Guerrilla Marketing?
Il termine venne introdotto per la prima volta dal pubblicitario Jay Conrad Levinson nel suo omonimo libro del 1984. Egli definì il guerrilla marketing una strategia di marketing non convenzionale, a basso budget che consente di veicolare un messaggio pubblicitario in maniera nuova e sorprendente.
La forza di questa strategia risiede proprio in questo: colpire i consumatori quando meno se lo aspettano, generando sorpresa e stupore.
Al contrario dei classici annunci, le campagne di guerrilla prendono forma in luoghi di vita quotidiana, sulle facciate degli edifici, in strade e piazze, nei parchi cittadini. Proprio questo aspetto rende tale strategia particolarmente efficace.


Elementi principali
Come generare l’effetto sorpresa nel pubblico? Le campagne di guerrilla marketing di successo hanno alla base alcuni elementi chiave; vediamoli insieme.
- Pianificazione. Una campagna di marketing va pianificata attraverso una strategia ben precisa. Gli elementi principali di una strategia di guerrilla marketing sono l’idea creativa alla base della campagna, che dev’essere originale, la scelta del target di riferimento e la scelta del luogo in cui mettere in atto l’azione non convenzionale. La scelta del luogo deve avvenire in funzione del target di riferimento; infatti la campagna dev’essere realizzata dove siamo sicuri di intercettare il più ampio numero di persone appartenenti al target.
- Realizzazione. Una delle caratteristiche principali del guerrilla marketing è l’imprevedibilità. L’esecuzione dell’azione dev’essere quindi rapida e inaspettata. Le campagne di questo tipo non durano mai a lungo, ma si concludono nel giro di poche ore o, in alcuni casi, di pochi giorni.
- Comunicazione. Perché l’effetto sorpresa si realizzi, nessun indizio deve trapelare prima che la campagna sia effettivamente realizzata. Subito dopo però, i canali mediatici e i social del brand sono indispensabili per la diffusione dell’iniziativa. Un ruolo importante è giocato anche da chi assiste di persona all’azione e la condivide sui suoi profili social, generando interesse attorno all’iniziativa.


Esempi di guerrilla marketing
Le ragazze “comprami da bere”
Il primo esempio di guerrilla marketing risale agli anni ’80, quando erano in voga le cosiddette ragazze “comprami da bere“.
La scena era più o meno la seguente: al bar di una discoteca una ragazza chiede a un ragazzo di offrirle da bere, iniziando a parlare degli alcolici che preferisce, per poi concentrarsi su uno in particolare, ad esempio una specifica marca di vodka. Dopo averne elogiato le caratteristiche, la ragazza scompare tra la folla, lasciando il ragazzo da solo a pensare proprio a quella vodka.
Si tratta di un semplice escamotage per promuovere un prodotto senza che il destinatario se ne accorga.
Coca-Cola Happiness Machine
Un semplice distributore di bibite può regalare felicità. È quello che ha dimostrato Coca-Cola posizionando un distributore “speciale” in un college americano.
Da questa macchina uscivano fiori, gadget, palloncini e addirittura una pizza, accompagnate da bottiglie di Coca-Cola. Il risultato? Stupore, sorrisi, sguardi increduli e, cosa più importante, la sensazione di felicità associata al brand.
Single Burger o McDonald’s?
Nel 2015 a Milano viene aperta una nuova hamburgeria, Single Burger. Sembra essere l’ennesimo locale che offre prodotti “gourmet”, con ingredienti ricercati e attenzione alle materie prime; insomma quanto di più lontano ci possa essere da un fast food; o almeno, apparentemente.
Infatti la nuova apertura, altro non era che una trovata di McDonald’s per dimostrare che, a discapito di ciò che si pensa, i suoi prodotti sono qualitativamente validi.
Dopo un paio di giorni in cui dipendenti della catena hanno cucinato e servito ai clienti i prodotti del fast food, è stato svelato il trucco: all’insegna Single Burger è stata sostituita quella di McDonald’s.
Esperimento riuscito, stando a quanto ha dichiarato in quell’occasione la direttrice marketing di McDonald’s Italia, Emanuela Rovere:
«È stato sufficiente nascondere il marchio e mostrarci con un nuovo vestito per far parlare solo il gusto e la qualità degli ingredienti, lasciando in secondo piano i pregiudizi sulla marca. Questo esperimento ci ha confermato […] che i nostri burger non hanno nulla da invidiare per ricetta e qualità a quelli serviti nei più accreditati ristoranti. E la cosa più bella è stata proprio vedere le persone coinvolte raccontare questa verità».
Il travestimento di Burger King
Rimaniamo in tema fast food per parlare della geniale trovata di Burger King in occasione di Halloween 2016. Un locale newyorkese della catena si è “travestito” da acerrimo nemico, McDonald’s. Sul tetto del locale è stato posizionato un telo bianco con il nome del competitor, mentre dai buchi per gli occhi si intravedeva l’insegna di Burger King.
Un cartello rassicurava però i consumatori rivelando lo scherzo e augurando a tutti un buon Halloween.


I due colossi del fast food non sono nuovi a questo tipo di iniziative, e fanno divertire i consumatori con le loro campagne, ma non mancano anche momenti di “tregua”.
Serie tv
Il guerrilla marketing è stato utilizzato anche per la promozione di serie tv, vediamo due esempi.
Il primo esempio riguarda la serie “Falling Skies” in onda su Fox nel 2011. Per l’occasione apparvero misteriosi cerchi nel grano nelle campagne romane, che destarono preoccupazione tra gli abitanti della zona. Successivamente si scoprì che si trattava della campagna promozionale della serie, come ha svelato l’apparizione del logo del canale televisivo all’interno dei cerchi.


La scelta non è stata casuale: la serie racconta infatti di come gli esseri umani cercano di contrastare un’invasione aliena. Infatti proprio agli extraterrestri sono tipicamente ricondotti i cerchi nel grano.
Il secondo esempio è invece relativo all’uscita della terza stagione de “La casa di carta”, una delle serie in onda su Netflix di maggior successo negli ultimi anni.
Nella serie ogni personaggio sceglie un nome di una città del mondo e, in occasione della terza stagione, i produttori hanno annunciato l’entrata in scena di un nuovo protagonista. Quale nome avrebbe scelto? L’enigma non è stato rivelato subito, ma nelle maggiori città italiane sono apparse delle installazioni a tema ed è partita una vera e propria caccia agli indizi per scovare il nome.


Le installazioni hanno generato l’interesse e l’entusiasmo dei fan: foto, video e condivisioni sui social non sono mancate e hanno contribuito ad accrescere l’aspettativa per i nuovi episodi.
Organizzazioni no-profit
Anche il mondo del no-profit utilizza il guerrilla marketing per veicolare i propri messaggi. In questo caso tale strumento risulta particolarmente efficace poiché permette di realizzare campagne di impatto, che colpiscono le persone e le portano a considerare il tema trattato sotto un altro punto di vista.
Tra gli enti no-profit che negli anni hanno fatto più ricorso al guerrilla marketing ci sono WWF e Amnesty International.
WWF mira a sensibilizzare la popolazione mondiale sull’importanza della salvaguardia del nostro pianeta ponendo l’attenzione sulle risorse a nostre disposizione, come ad esempio la carta.


O pone l’accento sulle conseguenze devastanti del cambiamento climatico.


Amnesty International è da sempre impegnata nella difesa dei diritti civili e combatte pratiche tutt’ora esistenti nel mondo, come il traffico di esseri umani.
In questa campagna, una donna è stata chiusa in una valigia trasparente posizionata su un nastro bagagli in un aeroporto tedesco. L’obiettivo è quello di rendere visibile a tutti ciò che solitamente rimane sommerso.


Come abbiamo visto, il guerrilla marketing consente di raggiungere un gran numero di persone a un costo molto basso, contribuendo ad aumentare la brand awareness.
A utilizzare questa tecnica sono settori molto diversi, dal food all’intrattenimento al no-profit, ma le campagne devono essere ben pianificate: imprevedibilità non dev’essere sinonimo di improvvisazione.