Effetto IKEA: di che si tratta e perchè si chiama così?

Consumatore produttore

Negli ultimi anni il ruolo del consumatore è cambiato completamente: da un consumatore passivo si è passati infatti a un consumatore che invece partecipa attivamente alle attività produttive dell’azienda.

Questa tendenza è stata definita prosumption, ovvero l’insieme di azioni fisiche, esperienze psico-sociali e sforzi mentali attuati dal consumatore coinvolto in attività di creazione di valore che favoriscono la produzione di beni destinati al consumo.

Dal concetto di prosumption deriva poi quello di prosumer, ovvero di consumatore-produttore: un individuo coinvolto in qualsiasi attività che preveda l’integrazione di sforzi produttivi e di consumo attuati in ambiente fisico o digitale.

Il consumatore-produttore partecipa alla costruzione fisica e culturale dei propri oggetti di consumo e il suo coinvolgimento in attività produttive rappresenta la premessa naturale di un’esperienza di consumo gratificante. 

Per studiare il legame che può instaurarsi tra le persone e gli oggetti, Dan Ariely, professore di psicologia ed economia comportamentale alla Duke University, penna del Wall Street Journal e membro fondatore del Center for Advanced Hindsight ha teorizzato l’effetto IKEA.

Dan Ariley

Egli, nel suo libro intitolato “Perché. La logica nascosta delle nostre motivazioni“, utilizza l’effetto per spiegare l’inclinazione delle persone a conferire maggiore valore agli oggetti da assemblare piuttosto che agli oggetti già pronti e, quindi, l’inclinazione a pagare conseguentemente di più per determinati prodotti piuttosto che per altri.

Alla base dell’IKEA effect vi è una semplice considerazione: costruire un mobile IKEA crea un legame più profondo con quell’oggetto che esserne in possesso dopo averlo acquistato già assemblato.

Gli acquirenti, quindi, tendono a considerare i loro mobili IKEA come propri dal momento in cui passano il tempo a seguire le istruzioni e ad assemblare il prodotto in prima persona.

Ikea effect

L’intero meccanismo si basa su un investimento personale nella creazione, che in seguito tende a trasformarsi in un simbolo di orgoglio che, alla fine, porta a sopravvalutare il prodotto finale.

L’effetto IKEA consente anche di capire perché fare certi lavori ci dia più soddisfazione che farne altri.

Per capirlo, egli riprende per certi versi alcuni concetti cardine del pensiero Marxista e osserva il grado di soddisfazione è legato soprattutto al fatto di essere in controllo dell’intero processo creativo: dall’idea alla realizzazione.

Per questo motivo il lavoro artigianale è spesso faticoso ma più soddisfacente, mentre la catena di montaggio, per quanto più produttiva, comporta l’alienazione dell’operaio che è responsabile di una sola fase della creazione e non vede il prodotto finito.

Inserendosi quindi nel processo di creazione di un oggetto, o semplicemente personalizzandolo secondo il proprio gusto personale, una persona aumenta le possibilità di vedere soddisfatto un bisogno.

Ciò si traduce in una maggiore predisposizione, da parte delle persone, a pagare di più per i prodotti che contribuiscono a creare e si può dire che, in generale, più alto è il contributo che la persona fornisce nella costruzione del prodotto più alto è il valore che gli attribuisce.

Insomma, possiamo essere consapevoli o completamente ignari di questo trucco inconscio del nostro cervello, ma la verità è che se prepariamo una bella carbonara ne andiamo fieri e mangiarla ci darà un piacere maggiore che mangiarne una già pronta.

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